Charles Goodyear, classe 1800, nacque a New Haven e morì a New York il 1° luglio 1860. A lui si deve l’invenzione del processo, a carico del caoutchouc (caucciu in italiano), conosciuto con il termine di “vulcanizzazione”. L’azienda americana produttrice di pneumatici Goodyear porta ancora il suo nome.
Originariamente il caoutchouc era utilizzato dagli indios che abitavano il Centro e Sud America, prelevandolo, semplicemente, dalle incisioni praticate sul tronco dell’albero della gomma (il termine stesso significa “albero che piange”). Una curiosità: il termine caucciù non è altro che l’italianizzazione del termine francese caoutchouc. Il suo arrivo in Europa si deve a Charles Marie de La Condamine, nel 1736 che al rientro da un lungo viaggio di esplorazione dell’Amazzonia portò con sè, fra le altre cose, anche campioni di caucciù, avuti dai suoi contatti con gli Indios.
Il lattice da cui si ricavava era prodotto da piante selvatiche che crescevano spontanee nel bacino del Rio delle Amazzoni, ma la grande richiesta da parte del mercato fece nascere piantagioni anche nel Sud-est Asiatico (oggi il principale produttore mondiale è l’Indonesia). L’Hevea brasiliensis, la pianta produttrice per antonomasia, fu impiantata anche in Africa, per creare piantagioni anche qui, ma i risultati furono e sono, tuttora, alquanto modesti.
Sebbene la sostanza fosse utilizzata per produrre numerosi oggetti, questi non erano stabili alle alte temperature e diventavano fragili a quelle invernali. Un problema che affligge ancora oggi i derivati della gomma naturale come i pneumatici, basti pensare al necessario cambio tra pneumatici estivi e pneumatici invernali.
I tentativi di stabilizzare la gomma
Naturalmente, nel corso del tempo si erano succeduti vari tentativi per rendere più stabile il prodotto, e gli anni ’30 del 1800 furono un periodo in cui molti inventori si dedicarono al miglioramento del caucciù. Fra di essi c’era anche Goodyear. Verso la fine del decennio egli ottenne il primo brevetto per un processo che trasformava la gomma naturale in un prodotto molto più facile da lavorare. Ma il lavoro non era finito: era solo l’inizio di risultati che sarebbero arrivati anni più tardi, dopo indebitamenti e cause legali per la paternità delle scoperte; l’ultima delle quali, nel 1852, attribuì definitivamente il riconoscimento per l’invenzione del processo di vulcanizzazione a Charles Goodyear.
Ma chi era veramente, Charles Goodyear? Sicuramente un ragazzo con l’inventiva “nel sangue” come diremmo oggi: da ragazzo progettò un forcone per il foraggio costruito in acciaio in luogo del ben più pesante ferro, alleviando notevolmente il lavoro manuale nei campi. Charles era un ragazzo giudizioso, serio e laborioso, pervaso da un’eccezionale intensità religiosa che lo porterà ad entrare a far parte, all’età di sedici anni, della Chiesa della Congregazione.
Sosteneva che Dio lo aveva chiamato, si sentiva uno strumento nelle mani del Signore che per mezzo suo voleva piegare la natura a favore di un bene collettivo dell’umanità e in quest’ottica dedicherà tutte le sue energie a risolvere le problematiche legate alla gomma naturale e al suo sviluppo. Sebbene la via del Servitore di Dio sembrasse quella più adatta al giovane Charles, questi durante gli studi a Philadelphia decise di associarsi con il padre nella conduzione di un’azienda. Le cose funzionarono per un pò di tempo, fino a quando i debiti non li costrinsero alla chiusura e Charles venne imprigionato, secondo le leggi in vigore all’epoca, nella prigione dei debitori di Philadelphia.
Era il 1834 e Goodyear aveva appena cominciato i suoi studi ed esperimenti sulla gomma naturale. Non si perse d’animo: grazie all’indulgenza delle guardie carcerarie ottenne una panchina e una lastra di marmo su cui lavorò un paio di dollari di gomma procuratagli da un amico, con l’ausilio delle sole mani e del mattarello della moglie.
Questo fu l’inizio, il resto è storia.
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