Il conflitto di prestazioni quando si parla di pneumatici è un tema spinoso con cui i produttori di pneumatici in primis e tutti noi automobilisti ci troviamo sempre a dover fare i conti.
L’obiettivo, quando si costruisce un pneumatico, è sempre lo stesso: fare in maniera che la vettura possa muoversi spendendo la minor quantità di energia possibile, che significa di conseguenza ridurre il consumo di carburante e le emissioni di CO2 nell’ambiente. In particolare, i produttori di pneumatici devono vedersela con la “resistenza al rotolamento”, fattore che fa emergere le complessità del conflitto di prestazioni.
Perché un altro compito fondamentale dei nostri pneumatici e contribuire a farla arrestare nel più breve spazio possibile quando premiamo il pedale del freno.
Il conflitto di prestazioni: come funziona
Quando si parla di un pneumatico, non sono in tanti a sapere che alcune delle sue caratteristiche sono in contrasto fra loro. Ecco che si manifesta, dunque, il conflitto di prestazioni; proviamo a renderlo più chiaro con un esempio: per far muovere una vettura riducendo al minimo il dispendio energetico è necessario lavorare sulla resistenza al rotolamento, diminuendola il più possibile.
Una minor resistenza, però, significa anche aderenza ridotta in maniera particolare in condizioni di strada bagnata. Un compromesso inaccettabile per chi costruisce gomme, poiché la sicurezza dev’essere il primo requisito da tenere in considerazione.
L’incidenza dei pneumatici nell’energia dissipata
Per disperdere meno energia possibile si lavora innanzitutto sulle auto, rendendole più aerodinamiche e leggere, ma anche i pneumatici hanno la loro importanza da questo punto di vista, dato che il 20% dell’energia dissipata per far spostare in avanti il veicolo dipende proprio dagli pneumatici.
Una percentuale che in molti potrebbero considerare esagerata, visto che per far rotolare una semplice gomma è sufficiente un dito; le cose sono diverse, però, quando la ruota è chiamata a rotolare sostenendo un peso che oscilla fra i 300 ed i 400 chilogrammi. Il discorso in questo caso cambia e non di poco e la resistenza al rotolamento è proprio questa: far ruotare una gomma sotto carico.
Cosa determina la resistenza al rotolamento
Ad influire in primo luogo su tale fenomeno è la capacità dei materiali polimerici di dissipare in calore una porzione dell’energia che viene spesa per deformarli in maniera ciclica. Maggiori sono volume del corpo, deformazione e sforzo, maggiore risulterà anche la perdita di energia.
A fare la differenza quando queste condizioni sono alla pari è il materiale. Sulla resistenza al rotolamento contribuiscono tutte le diverse componenti di un pneumatico, dunque pure cinture e carcassa. Questo avviene perché vengono deformate ogni volta che la ruota compie un giro e si trovano a contatto col suolo.
L’importanza delle mescole
In fatto di resistenza al rotolamento, una svolta decisiva si è avuta all’alba degli anni Novanta, con l’introduzione delle mescole a base di silice, con le quali è stato possibile abbattere la resistenza senza compromettere l’aderenza e trovando così un punto d’incontro accettabile per quanto concerne il conflitto di prestazioni.
Grazie alle mescole in silice, la dissipazione dell’energia si concentra nel momento in cui serve, vale a dire in frenata, mentre viene limitata quando risulta dannosa, ovvero durante il normale funzionamento della ruota.
Il conflitto di prestazioni resterà, con tutta probabilità, una questione irrisolta a dispetto degli sforzi dei costruttori, anche perché si è costretti a lavorare su miglioramenti marginali; ridurre del 10% la resistenza al rotolamento significa diminuire i consumi di una percentuale inferiore al 2%. Si tratta, insomma, di numeri minimi.
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