Il tema del PFU sembra inesauribile, a distanza di 5 anni dalla sua introduzione la confusione regna ancora sovrana, e spesso la guerra che alcuni gommisti fanno a come lo smaltimento è organizzato ci sembra incredibile.
Prendiamo il caso di questa richiesta di chiarimento giunta da un gommista:
Se il gommista presta solo il lavoro di montaggio, regolarmente retribuito, per quale motivo deve :
- conservare lui gratuitamente i copertoni vecchi
- occupare spazio nella sua officina
- attendere che viene lo smaltitore e quindi creare disagi in officina gratuitamente.
Pur non essendo noi ad aver scritto la legge che regola lo smaltimento dei pneumatici, troviamo logico che i consorzi per lo smaltimento prelevino i pneumatici da smaltire dove questi si accumulano, quindi presso le officine.
Il costo di stoccaggio dei pneumatici usati da smaltire non cambia se i pneumatici sono stati acquistati dal gommista, online, dal ricambista, o in un supermercato, e non ha niente a che vedere con il contributo PFU.
Ci sembra logico che un gommista debba rientrare dei propri costi, e tutti i gommisti fanno rientrare nel costo di installazione di un pneumatico anche l’affitto degli spazi necessari a svolgere la propria attività, se parte di questo spazio è destinato ad ospitare i pneumatici esauriti va da se che parte della tariffa di installazione coprirà anche questo costo.
Non c’è però nessun articolo di legge o regolamento che descriva quale organizzazione debba avere un gommista in merito alla smaltimento dei pneumatici. È solo una prassi ed un uso comune.
Se un gommista dovesse scegliere di non dotarsi degli spazi necessari non è certamente fuori legge, però arrecherebbe un grave disagio ai consumatori e quantomeno dovrebbe comunicare preventivamente ai tutti i propri clienti che dovranno riprendersi i pneumatici esauriti, senza poter indicare loro come smaltirli, visto che tutto il sistema del ritiro e dello smaltimento del PFU in Italia prevede che vengano ritirati presso i gommisti che li hanno smontati.
Per finire, sarebbe bello che il Ministero dell’Ambiente e del Territorio, magari in una semplice circolare ministeriale, chiarisse una volta per tutte quale deve essere l’organizzazione di officine e consorzi, e redigesse una lista di diritti del consumatore e doveri di ogni nodo della catena.
Partecipa alla discussione